Flash Teatro

aprile 2006

[…] Così è nato Avan-Lulu, con l’utopia di un teatro totale che recupera tutto ciò che è spettacolo (dal canto, al ballo, alla musica dal vivo, ai numeri clowneschi, alle marionette, alla recitazione ecc.) e in cui il testo, Lulu di Wedekind, in questo caso, non è che uno tra gli elementi. Non è nemmeno un semplice pretesto, però: quest’opera del grottesco drammaturgo tedesco, vissuto a cavallo tra otto e novecento, è indagata in modo drammaturgicamente approfondito. Ne è nato uno spettacolo che fa rivivere i ricordi di un vecchio, in cui gli attori si trasformano nell’umanità che popola i sogni/incubi di quel personaggio che all’inizio dello spettacolo parla in dialetto alessandrino davanti a un bicchiere di vino, in compagnia di una fisarmonica. La fisarmonica è davvero un terzo attore in scena, non un semplice accompagnamento: il vecchio all’inizio ci dialoga, e il suggestivo timbro di questo strumento è determinante per farci entrare nell’atmosfera onirica e popolare in cui vogliono portarci gli attori.
Pochi elementi in scena: un paravento che richiama l’idea di trasformismo, sempre presente, tre rossi sgabelli/tavolini di legno, che per costituzione possono diventare qualsiasi cosa ed essere usati in qualsiasi modo, trucco e cambi di vestiti a scena aperta. Nella sobrietà dei materiali, c’è tutto in questo spettacolo: il circo degli uomini e degli animali, le soubrettes, i clown, i cantanti, pierrots, musicisti, la vita e la morte, l’amore e il sesso, osterie, piazze, palcoscenici…
Un interessante tentativo di coerente integrazione delle arti, di sviluppo di un’idea che unisce concetto e corpo, che parte da un ideale e si esprime attraverso voci e carni degli attori […]