In Patagonia, lungo la Carretera Austral all’estremo limite del pianeta

Hystrio Anno XXXI 2/2018

La Compagnia Instabili Vaganti torna per la seconda volta al Fitich, il festival teatrale cileno che si svolge nelle zone più remote di un Paese giovane, ancora in formazione, dove la fame di cultura internazionale è pari alla curiosità.

di Nicola Pianzola

 

Che cosa c’è più a sud della Patagonia? E quale poteva essere la tournée più estrema di Instabili Vaganti, se non quella che, durante la 16a edizione del Fitich – Festival Internacional de teatro itinerante por Chiloè profundo, dal 20 al 28 novembre 2018, ha portato in tour Made in Ilva nei remoti paesi del sud del Cile, attraversando la Carretera Austral, una rotta da sempre leggendaria, una delle strade più avventurose al mondo. Voluta dal dittatore Augusto Pinochet per scopi militari, la sua costruzione è cominciata nel 1976 ed è terminata nel 1996. Lunga quasi 1.250 kilometri, di cui solo alcuni asfaltati, questa pista attraversa regioni altrimenti non raggiungibili se non via mare. Negli ultimi anni il governo cileno sta allargando e asfaltando molti dei suoi tratti e, percorrendola, pensiamo che forse, tra non molto, non rimarrà che il mito di questa tortuosa spina dorsale del sud del mondo. Festeggiamo un doppio ritorno: quello nell’estremità meridionale cilena e, al- lo stesso tempo, nel Fitich, dove lo scorso anno abbiamo portato in tournée lo spettacolo Il rito nell’arcipelago di Chiloè. Questa volta, però, abbiamo attraversato quella lunga linea tratteggiata che taglia orizzontalmente il Cono Sur, sconfinando nella selvaggia Patagonia.
È stato proprio grazie allo speciale rapporto che si è creato con questo festival, unico nel suo genere in Cile, che abbiamo deciso di sposare una delle s de che, da sempre, muove Gabriela Recabarren, direttrice artistica del Fitich: quella di portare un teatro di alta qualità e di sperimentazione nell’estremo meridione del Paese, offrendo a un pubblico vergine e puro, spettacoli che hanno saputo conquistare le platee europee e internazionali.

Dedicato a Violeta Parra

Questa 16a edizione, dedicata a Violeta Parra, ha infatti visto la partecipazione della compagnia di danza franco-spagnola Hurycan, che ci ha accompagnato lungo la stessa rotta patagonica, oltre che delle compagnie cilene più conosciute nel panorama contemporaneo, tra cui Il Teatro y su Doble che, come noi, era presente anche nella precedente edizione del festival e che, casualmente, abbiamo incontrato poche settimane prima a Montevideo, in occasione della nostra partecipazione al Fidae Festival Internacional des artes escenicas in Uruguay.
Dietro questa vocazione alla decentralizzazione della cultura e all’itineranza del teatro c’è un lavoro di preparazione enorme, che va dal coinvolgimento delle istituzioni e delle municipalità locali no al singolo spettatore. Il piccolo furgone del Fitich, dopo aver attraversato strade sterrate ed essere stato traghettato da un porticciolo all’altro, per poter arrivare dove una strada ancora non esiste, gironzola per le polverose strade di Hornopiren, mentre stiamo ultimando i puntamenti luce dello spettacolo, invitando gli abitanti a partecipa- re all’evento teatrale. Evento, nel vero senso di “avvenimento eccezionale”, che trasforma per una sera la palestra di un liceo in un teatro. Sono passati anni e forse ne passeranno altri prima che il teatro ritorni a Hornopiren, e non è mai accaduto che una compagnia proveniente dall’Italia presentasse qui uno spettacolo. Questo piccolo centro abitato, cono- sciuto come la porta d’ingresso della Carretera Austral, sembra volutamente occultarsi dalle carte geografiche, incuneandosi all’estremità nord del fiordo Comao. Qui la gente vive in armonia con la natura incontaminata, seguendo il ritmo della marea. Il turismo non ha ancora raggiunto queste mete e la Patagonia, nell’immaginario collettivo, rimane quella argentina.
Vagando tra le piccole casette di legno sparse qua e là lungo gli argini del fiordo, ci si chiede subito quanta gente verrà a teatro e chi sarà il nostro pubblico. Alle nove di sera il sole an- cora illumina le placide acque del fiordo mentre i tecnici del Fitich cercano di oscurare il più possibile lo spazio deputato alla performance. Quasi incantato dal suono del megafono, dalla novità che rompe la quiete, il pubblico comincia ad avvicinarsi. C’è un paese intero e ci sorprende la massiccia presenza di bambini, che si dispongono seduti intorno alla lastra metallica che compone parte della nostra scenografa e che, come una passerella, invade lo spazio del pubblico. Il teatro, o meglio, lo spazio che abbiamo trasformato in teatro è pieno e il silenzio che si crea durante la performance è quasi rituale. Il pubblico della Patagonia è attento, partecipe, emotivo, a volte quasi in imbarazzo nei confronti di un contesto in cui non è abituato a stare. Molti spettatori si sentono rappresentati in Made in Ilva, s’immedesimano nell’operaio status symbol dell’uomo contemporaneo ed eroe post-moderno interpretato nello spettacolo. In queste zone gli uomini, ma anche le donne, affrontano lavori pesanti, per creare le condizioni adatte a vivere le proprie ter- re. La costruzione dei tratti di strada sterra- ta e dei porticcioli ha rappresentato una vera e propria sfida nei confronti di una natura estrema: ghiacciai a picco sui fiordi, intricate foreste australi, e vulcani attivi.

Nel cuore del vulcano

È il caso di Chaiten, seconda tappa del nostro tour e punto più a sud del mondo in cui noi di Instabili Vaganti siamo stati. Nel 2008 gran parte del paese è stato spazzato via da un’eruzione vulcanica. Nessuno, fino ad allora, si era reso conto che la montagna che lo circonda era in realtà un vulcano. Nel racconto degli abitanti, quella montagna è improvvisamente esplosa, e ancora oggi il fiordo è una landa di cenere, sabbia e tronchi. Il paese è stato spostato, ricostruito e si ha l’impressione di arrivare in un campo base. Insieme a Domingo, uno dei membri del valido staff del Festival, osserviamo perplessi una casetta nel nulla, chiedendoci se davvero si tratti della se- de di Radio Palena, che vuole intervistarci prima della replica. Siamo accolti da uno speaker tutto fare che, mentre dialoga dal vivo con noi, lancia gli spot dello spettacolo e ne con- divide le immagini sui canali social: è lui stesso Radio Palena, una stazione che trasmette in tutta la regione e che, unendo la sua voce a quella del megafono del Fitich, ci aiuta a registrare il tutto esaurito anche a Chaiten.
Al termine della replica, Gabriela Recabarren è commossa nel ringraziarci e nel presen- tarci agli spettatori. Abbiamo vinto insieme una s da, siamo arrivati dove non era anco- ra pensabile portare un teatro contemporaneo internazionale. «Lo logramos», esclama abbracciandoci.
Per raggiungere questi scenari ameni e poter calcare queste scene immacolate abbiamo utilizzato più mezzi: un furgone, vari traghetti e addirittura un piccolo aeroplano a elica da venti posti per sorvolare alcuni tratti impervi. Più che una tournée ci è sembrata una spedizione teatrale.
Ritorniamo a Osorno, una cittadina della Regione dei laghi da dove siamo partiti e do- ve abbiamo ritrovato lo stesso gruppo di partecipanti che aveva frequentato il nostro workshop “La memoria del corpo e il canto dell’assenza” lo scorso anno. Il centro culturale di Osorno ha manifestato l’intenzione di continuare un percorso e così ritroviamo i nostri allievi per una seconda tappa del lavo- ro al progetto “Stracci della memoria”, pronti a rituffarci nell’esplorazione delle tradizioni performative locali e nella misteriosa cultura Mapuche. Il Cile è un Paese in crescita culturale e sta investendo molto nelle collaborazioni con realtà della scena internazionale. Vi sono molte possibilità di sostegno per eventi culturali quali il Fitich, attenti allo sviluppo del proprio territorio, ma anche per compagnie teatrali giovani, soprattutto per la circu itazione all’estero e per portare la cultura cilena in altri Paesi. Una cultura che, dopo tre anni di progetti in questo Paese, iniziamo a sentire vicina e che ci porterà a realizzare un terzo capitolo al Fitich e lavorare teatralmente con la comunità di una minuscola isola dell’arcipelago di Chiloè a novembre 2018.