Recensione di Reanata Savo per Scene contemporanee

29 ottobre 2021

Lockdown Memory” degli Instabili Vaganti: una finestra sul mondo per raccontare il lockdown vissuto dagli artisti

Definito una vera e propria conferenza-spettacolo, Lockdown Memory rappresenta una preziosa testimonianza in fieri di come artisti da tutto il mondo abbiano reagito alla pandemia, ovvero, rimboccandosi le maniche e riflettendo sul proprio statuto esistenziale. Non a caso lo spettacolo comincia con un leitmotiv, e due similitudini: la casa come teatro e il teatro come «finestra sul mondo».

Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola sono dietro ai banchi, separati, distanziati, su due lati del palcoscenico. Nel mezzo scorrono sullo sfondo videoproiezioni. Prima la loro casa, il teatro che hanno riscoperto in senso metaforico durante il lockdown e che proprio a partire dalla sua immagine hanno

ridefinito come qualcosa di famigliare e di quotidiano, lontano dai palcoscenici. Uno schermo, un’idea, un concetto, una prassi. «Il nostro teatro è diventato la nostra casa», affermano. «Ha ancora senso fare teatro oggi?», si chiedono. Da questa domanda, e dalla necessità di ritrovare all’esterno quel teatro ancora interno alle loro vite sono partiti, durante i mesi più bui finora vissuti della pandemia da Covid- 19, per andare “oltre i confini”. Hanno inventato il format multidisciplinare Beyond Borders, in cui le due anime degli Instabili Vaganti si sono alleate con artisti connessi da punti diversi del pianeta, con cui la compagnia ha stretto legami negli anni attraverso i numerosi viaggi, i training e le tournée, e hanno creato insieme performance in video pensate appositamente per il web, fruibili il venerdì sera sui canali social degli Instabili Vaganti. Lo spettacolo Lockdown Memory è esso stesso un evento che va oltre i confini, in cui il teatro fisico interseca il video e la cronaca, e in qualche modo nasce per testimoniare la fragilità dell’intero sistema teatrale, con l’intento di lasciare una traccia del passaggio degli artisti in una fase in cui questi hanno dovuto scontare loro malgrado una totale assenza di considerazione da parte delle istituzioni, e forse anche del loro stesso pubblico. Lockdown Memory non si pone tanto come risultato, ma disvelamento di un processo, di un’origine, che, vuoi per la valenza storica del periodo, vuoi per la “straordinarietà” e autenticità di quanto globalmente vissuto, merita una narrazione a sé stante. La sua drammaturgia si arricchisce di elementi complementari, immagini che lasciano ad Anna Dora e a Nicola il compito di indicare, spiegare, precisare, in un dialogo costante tra il dentro e il fuori. Il dentro delle emozioni e il fuori della cronaca, quello delle mura domestiche e quello delle terrazze o dei balconi (per chi ha avuto la fortuna di averne). Ma non solo. Ancora, per esempio, si vede una foto scattata in tempi non sospetti, ben prima della pandemia: Nicola appare con il volto semicoperto da un foulard, e così anche le persone accanto a lui, apparentemente tranquille all’interno di un bar affollato. Quello che sembrerebbe un frammento di realtà strappato al nostro presente si scopre essere attraverso le parole di Nicola un momento tristemente ordinario in Cile, dove le persone sono all’improvviso costrette a restare barricate perché fuori, lì dove si trovavano in quel momento, a Valparaíso, è in corso una guerra civile che il popolo cileno ha scatenato per rivendicare diritti e giustizia sociale, mentre dal terreno si alzano gas lacrimogeni.

«No podemos volver a la normalidad porque la normalidad era el problema». La scritta campeggia in fondo, nella foto di un graffito che circolava sul web nell’aprile 2020. Nicola e Anna Dora non possono non far rimbombare le stesse questioni, quelle che si afferrano e che ricorrono nella vita di tutti i giorni, nella sfera del proprio lavoro artistico che per loro è anche il privato, ripensando alla normalità stessa del fare teatro, che per loro resta più che mai un atto politico, un’assunzione di responsabilità. In questo senso, Anna Dora e Nicola espongono fatti che sono estranei persino alle cronache internazionali, come quando ci spiegano che la pandemia viene strumentalizzata dai governi in alcune parti del mondo, nel suo periodo meno acuto, al fine di avere il controllo sociale, per imporre il lockdown. Per questo il tono delle parole di Nicola prende la forma della denuncia sociale. Seppure sia forte la vena documentaria, Lockdown Memory conserva tratti di lirismo. Momenti di puro spettacolo prendono vita attraverso il gesto stilizzato, confinante con la danza e non didascalico, e nel corso delle immagini evocative che occupano in video il centro della scena. Una scena che, seppure virtuale, in quel periodo rappresentava l’unica alternativa possibile.