Recensione di Emanuela Ferrauto per dramma.it

20 marzo 2016

Desaparecidos#43

La drammaturgia, presentata in scena, ricorda un lavoro di patchwork, che conduce la compagnia ad un pregresso e difficile percorso di raccolta di testimonianze e di racconti, forniti dagli studenti messicani coinvolti nel progetto. Questo procedimento comporta la creazione di un “tappeto” drammaturgico e scenico, in cui le varie parti, sonore, visive e testuali, sono cucite insieme come ritagli di patchwork. La narrazione, dunque, non è diacronica, ma è costruita attraverso momenti in cui tutti questi elementi confluiscono in squarci visivi, sonori e testuali, che lo spettatore assorbe continuamente. […] I semi che sono stati estirpati, quelli della giovinezza dei 43 desaparecidos gettati probabilmente in un fossa comune, produrranno una coscienza politica e popolare che, in questo momento, e grazie al progetto di INSTABILI VAGANTI, rivive attraverso il teatro e la perfomance scenica, elementi riconoscibili e comprensibili da tutte le culture mondiali. Il progetto risuona al grido “Vivos se los llevaron y vivos los queremos!”, ancora una volta simbolo di un discorso di enorme portata che, alla fine, si distacca dalla specifica caratterizzazione storico-politica, prettamente messicana.