work in progress
Performance#3 della Trilogia della memoria
Progetto vincitore del bando Della morte e del morire
Ideazione e regia Anna Dora Dorno
Performer Anna Dora Dorno, Nicola Pianzola
Cura del suono e progetto musicale Instabili Vaganti in collaborazione con Riccardo Nanni
Ideazione e realizzazione video Instabili Vaganti in collaborazione con Elia Andreotti
Il canto dell’assenza è l’ultima di una Trilogia performativa, creata all’interno del progetto di ricerca e creazione Stracci della memoria, che si sviluppa a partire da una rielaborazione in chiave contemporanea di riti, celebrazioni, danze e canti di differenti tradizioni culturali, legati al tema della morte.
Ne Il canto dell’Assenza il Bianco del “ritorno alla vita” che caratterizzava la prima performance incentrata sulla memoria individuale dell’uomo, Il sogno della sposa, dopo essersi macchiato di Rosso, nella seconda, La memoria della carne, che basa la sua ricerca sulla memoria storica, diventa Nero, aprendo l’esplorazione alla dimensione del lutto.
Nero come espressione del ritorno all’origine, a quella fase in cui nulla è ancora presente, in cui un ciclo vitale si chiude e se ne celebra la fine per esorcizzarla, in cui il momento aurorale della rinascita si schiude come un seme nell’oscurità della terra, segnato dalla celebrazione del rito funebre come nodo tematico universale, in cui vi è integrazione tra il simbolismo pagano e quello Cristiano.
Un inizio che si perde nel tempo, un passato ancestrale di cui permane solo una flebile ombra, un mondo perduto che non potrà più ritornare o che forse non è mai esistito. Un passato che può solo essere rievocato, attraverso un rito nostalgico, che lascia intravedere quell’antica unione con la natura, che appare ormai irraggiungibile, non più presente: Assente.
Questa assenza è stata percepita da noi come un antico canto, di cui non possiamo ricordare le parole o la melodia, che ci appare così distante da perdersi nel tempo e nello spazio. Una musica, che è espressione dell’Io biologico, affermazione della vita, nel momento stesso in cui questa volge al termine. Un ritmo che parte dal naturale battito cardiaco di ognuno di noi e trova nelle sue variazioni l’espressione delle nostre emozioni.
Come negli antichi riti, i performer compiono un cambio di status che genera la consapevolezza dell’essere uno tra molti, presente e assente allo stesso tempo, un anello ininfluente e pur essenziale della catena evolutiva.
La performance Il Canto dell’Assenza chiude quindi, per noi, il cerchio che dall’origine del tutto porta alla fine e poi di seguito ad un successivo inizio, lasciando l’eco di ciò che non c’è più in quello che verrà, perché è solo dopo la morte che si aprono altre possibilità sconosciute all’essere umano e che si intraprende la via della creazione pura.