Siamo pronti per iniziare la nostra prima giornata di lavoro al Centro d’arte drammatica. Non condurremo semplicemente un workshop ma cercheremo di introdurre i partecipanti al metodo di lavoro creato nel progetto Stracci della memoria. Un training fisico e vocale basato sulla ricerca delle sorgenti e dei ritmi che accomunano alcune azioni performative legate all’espressione di riti e tradizioni della cultura di appartenenza. Per far questo abbiamo bisogno di capire il livello di partenza dei partecipanti e di essere introdotti alla loro cultura, osservando materiali, ascoltando canti e cercando di carpire alcuni elementi su cui poter lavorare che permettono di associare la nostra esperienza alla tradizione di questo paese. Nel progetto Stracci della memoria abbiamo lavorato molto su materiali performativi provenienti dall’Italia del sud e dalle culture mediterranee ma non siamo mai venuti a contatto con paesi nordafricani.
Il gruppo è composto da una ventina di partecipanti, alcuni studenti, altri insegnanti, attori, cantanti, un ensemble eterogeneo molto interessante. Capiamo subito dai primi esercizi che dal punto di vista delle azioni fisiche ci sono diversi limiti e che nel programma di studi delle scuole teatrali locali non vi è probabilmente la consuetudine a lavorare sul corpo. Qualcuno ha maggiore propensione, qualcun altro ha delle basi di danza. In generale, per la nostra esperienza, in tutti i paesi arabi in cui abbiamo lavorato, abbiamo riscontrato stereotipi comuni nell’utilizzare il linguaggio espressivo del corpo. Questo potrebbe essere una conseguenza dei limiti imposti da questa cultura, limiti che, allo stesso tempo, generano un grande desiderio di essere superati. Diversamente l’approccio nell’uso della voce è molto più interessante. Si intravedono le radici di una cultura ancestrale che emerge dai suoni e i ritmi dei canti, che generano delle situazioni sceniche stupefacenti. Questa sarà la nostra chiave d’ingresso nel contesto artistico di riferimento. Lavoreremo in modo da rendere il tutto presente, attuale, contemporaneo, materiale vivo da utilizzare nell’azione performativa, al fine di introdurre il concetto di “autorialità attorale”. Introdurremo il training del progetto basato sulla divisione tra coro e singolo, tra azione individuale e collettiva, per stimolare il processo di creazione che genera un’azione, il suo fluire che porta al cambiamento, alla trasformazione che è alla base del rito.
Il teatro in Tunisia presenta un approccio ancora molto classico in cui gli attori sono abituati a recitare la propria parte, con un proprio personaggio, diretti in tutto e per tutto dal regista. Sarebbe bello poter lavorare con loro più a lungo per trasmettergli la nostra metodologia che sentiamo essere apprezzata moltissimo. Ci colpiscono di più gli studenti, per la loro freschezza, per la capacità di sognare, immaginare, per la sensibilità che dimostrano in scena. Cominciamo ad affezionarci, a non poter fare a meno di quella voglia che molti di loro ci esprimono di poter lavorare di più, di scoprire nuove cose, desiderio che in Italia sembra essere ormai scomparso. Renderli consapevoli della potenza culturale che possiedono e della capacità di utilizzarla in modo diverso, non solo attraverso il folclore o la tradizione, è per noi un risultato importante.
L’obiettivo di questi giorni sarà quindi quello di trasmettere il “concept” principale del nostro progetto e cioè l’attualizzazione delle tradizioni. Lavorare sul contemporaneo non consiste per noi nel creare il nuovo assoluto, cosa d’altronde quasi impossibile, ma nella capacità di reinterpretare il passato in modo differente, vivo, presente. Ricreare una ritualità persa, sommersa, che riappare nell’atto del performer e che si fa espressione di una cultura, di un modo remoto, scomparso eppur sempre presente, nella memoria trattenuta dal corpo dell’attore.