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Recensione di Viviana Raciti per Teatro e Critica

Un testo che nasce da dentro, dalla volontà di Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola – performer, registi e pedagoghi – di raccontare le proprie modalità formative in giro per il mondo, dal Kosovo a Matera, dal Messico alla Cina. Emergono due forze speculari e necessarie l’una per l’altra: una prima esplosiva, che pone sul piatto differenti forme artistiche incontrate e desiderate, i diversi linguaggi, diversi luoghi e diversi approcci; e dall’altra parte una forza aggregativa, che prova dunque a ricucire, a mettere insieme, a dare un senso all’entropia contemporanea. Un bisogno di unità, che prende la «forma di brandelli d’arte dispersi in ogni luogo», come afferma Dorno nella sua dichiarazione introduttiva, quasi un manifesto del proprio lavoro, iniziato nel 2006 e che ha come parola totem la memoria, nella sua azione di recupero e al contempo di necessaria selezione. Su tutto aleggia almeno un nome, fondativo della ricerca teatrale secondo-Novecentesca: quello di Jerzy Grotowski, punto di riferimento, fonte storica e critica, a cui si accompagnano altri numi tutelari, da grandi letterati del passato ad alcuni studiosi contemporanei.