RAGS OF MEMORY INTERNATIONAL WORK SESSION A SEUL

Instabili vaganti On tour - Fattiditeatro, 12 dicembre 2014

Instabili Vaganti torna in Corea del Sud dal 7 al 17 dicembre per approfondire il percorso di ricerca avviato con il progetto internazionale Stracci della memoria, attorno al tema “East meets West”. Ecco il racconto di questa nuova avventura in diretta da uno dei più affascinanti paesi d’Oriente.

Siamo tornati. Per la quinta volta atterriamo all’aeroporto di Incheon, decisamente il nostro preferito per l’organizzazione, la pulizia e, nonostante la miriade di persone, il silenzio. All’uscita vengono a prenderci due degli attori che hanno, negli anni passati, lavorato con noi e che, in questa occasione, hanno organizzato un workshop per diffondere il progetto in Corea e far conoscere il nostro metodo di lavoro. La temperatura esterna è di -8°C, l’aria gelida risveglia i nostri sensi assopiti dall’estenuante tragitto, siamo felici di essere di nuovo qui. Abbiamo trascorso così tanto tempo negli ultimi anni in Corea del Sud che tutto ci sembra familiare ed abbiamo quasi la sensazione di essere tornati a casa dopo un lungo viaggio.

Ci dirigiamo verso il teatro in cui presenteremo uno “showcase”, che comprende una conferenza sul progetto e una dimostrazione pratica con i partecipanti al workshop. Si tratta di un ex deposito per il ghiaccio trasformato in sala teatrale, che rappresenta al momento il secondo teatro più vecchio dell’intero Paese. Qui il concetto di “storico”, legato agli edifici, fa sorridere, soprattutto noi Europei, dal momento che le strutture più datate, come questa, avranno al massimo una cinquantina d’anni.

Dopo il sopralluogo arriviamo finalmente Seul, dove ci sistemiamo nel nostro appartamento, un bilocale minimale e dagli spazi esigui in pieno stile orientale, con tanto di letto coreano, ovvero un materassino alto pochi centimetri steso a terra, che puoi ripiegare e riporre nell’armadio, quando vuoi. Dormire in questi letti non è il massimo del confort per noi ma è un’esperienza da provare per comprendere meglio alcuni aspetti di vita del mondo in cui siamo. E’ il momento di incontrare i partecipanti al nostro workshop e di introdurre loro il lavoro che faremo. Lo svolgimento di un workshop qui in Corea segue delle procedure ben precise e i coreani sono molto legati e fedeli alla “schedule” e cioè al programma. Tutti i cambiamenti che apportiamo in risposta all’evoluzione del lavoro mettono seriamente in crisi la loro organizzazione mentale. Ogni workshop che abbiamo diretto comincia pertanto con un incontro di conoscenza. Siamo al Mullae Arts Centre, un bellissimo spazio multifunzionale ricavato da una ex fabbrica, che ospita esposizioni e residenze artistiche. I partecipanti, selezionati su curriculum, sono 6 e arrivano da esperienze diverse. Tutti però sono accomunati dal fatto di volere intraprendere un percorso di ricerca attorno alle proprie tradizioni culturali, al fine di attualizzarle e renderle strumenti d’indagine per il lavoro dell’attore. Concetti non facili per molti coreani, in quanto il loro legame con gli elementi performativi tradizionali è ancora molto forte, tanto da non riuscire a utilizzarli come bagaglio da cui attingere ma solo come forme da riproporre così come sono, invariate e difficilmente decontestualizzabili.

Il meeting ha inizio: ormai sappiamo come comportarci, parlare tanto serve in realtà a poco. Infatti anche se, per educazione, quasi tutti i giovani coreani affermano di comprendere l’Inglese, sono solo pochi quelli che realmente lo parlano, ed abbiamo pertanto bisogno di comunicare pochi concetti chiave. Sarà poi il lavoro teatrale ad impostare un nuovo livello di comunicazione interculturale, attraverso il corpo, le forme, le emozioni e la condivisione di un nuovo alfabeto, che nel caso del progetto “Stracci della memoria” deriva direttamente dalla rielaborazione di elementi della tradizione performativa delle differenti culture di appartenenza: canti, frammenti di danze, azioni rituali.